La Storia

Palazzo Francesconi, citato dal Lechi nel libro “Le dimore bresciane”, è una tra le più imponenti strutture architettoniche costruite in Valle Camonica. Sviluppato a partire da preesistenze quattrocentesche, l’evoluzione della sua struttura prosegue fino ai primi decenni del XVII secolo. L’edificio rinascimentale, al fine di conferire una continuità strutturale, nasce dalla fusione di due corpi di fabbrica di epoca diversa e con profondità diverse, non percepibili nella facciata rivolta verso la chiesa parrocchiale, ma evidenti nella facciata nord-ovest. Le caratteristiche edilizie e la qualità delle decorazioni pittoriche consentono desumere che si trattasse di una dimora di prestigio. Tutto il complesso, sia nello stile architettonico esterno che in quello decorativo interno, rispecchia perfettamente le caratteristiche stilistiche proprie della fine del 1500 inizio 1600. Il grande palazzo si sviluppa su tre piani, con ben tredici ordini di apertura con cornici in arenaria, più il sottotetto percorso da oculi ovali. Interessante il balconcino sorretto da due mensole a voluta con eleganti decorazioni a foglia d’acanto nella locale pietra arenaria e la ringhiera in ferro battuto lavorato a volute contrapposte.

Dalla facciata nord-ovest si può ammirare il centro storico di Bienno attraverso l’apertura di un loggiato di tre arcate a tutto sesto sorrette da colonne con capitelli decorati in stile ionico, mentre il corpo arretrato presenta una loggetta di cinque arcate chiuse da vetrate.

La divisione e l’architettura decorativa degli spazi interni della parte più antica, attualmente di proprietà parrocchiale, sono testimonianza di una precedente costruzione con volte a crociera e portali architravati nella locale pietra simona, oltre a serramenti lignei con decorazioni a motivi vegetali e valve di conchiglia. Gli interni delle stanze presentano vani molto ampi, con camini in arenaria tipicamente decorati in gusto ancora rinascimentale e portali d’ingresso stondati a due battenti con specchiature a punta di diamante, chiuse con catenacci in ferro battuto decorati.

Nell’ala tardo cinquecentesca, di proprietà Martinazzi Avanzini, un androne a sesto ribassato, con decori a trompe-l’oeil, immette in un cortile che continua in un delizioso piccolo giardino segreto. Da una porta finestrata in ferro si accede a una splendida scala in pietra serena, con ringhiera in ferro battuto, che conduce al piano nobile, ove si trova la galleria. La bella sala, lunga 24 metri, venne divisa, per ragioni pratiche, in modo da formare, all’estremità sinistra di chi vi entra, una specie di alcova di 6 metri di lato, separata dalla sala principale mediante pareti dipinte, con porta centrale, ma senza discontinuità pittorica. A uscio aperto, si presenta al visitatore la figura ridente della Nemesi che assomma in sé la morale espressa nel ciclo degli affreschi, tra cui si ammirano il Trionfo di Cesare e delle Virtù – interessante per la lettura nella sua integrità, il discreto stato di conservazione e la rarità; un finto colonnato con decorazioni di ordine composito e architrave con fregio a girali d’acanto; lungo le pareti, scene bibliche e mitologiche di grande dinamicità alternate a monumentali figure allegoriche femminili rappresentanti le Arti Liberali del Trivio e Quadrivio. Altri due locali con soffitti settecenteschi completano il piano nobile.

Due terrazze protese sul giardino consentono di ammirare da posizione privilegiata lo splendido panorama.